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Il cliente è sempre più connesso

IL CLIENTE È SEMPRE CONNESSO

la corsa al digitale di imprese e brand

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INTRODUZIONE

Quali sono i cambiamenti nelle aspettative e nei comportamenti dei clienti? Quali di questi sono transitori e quali invece sono destinati a rimanere a lungo? Quali sono i valori che guidano le relazioni tra i brand e i consumatori? A tutte queste domande prova a dare una risposta il report “State of the Connected Customer” di Salesforce, giunto alla quarta edizione. È la più completa e accurata ricerca mondiale sull’argomento, sia per l’ampiezza del campione (oltre 15mila interviste) sia per la profondità delle domande e degli insight ricevuti.

Sollecitati dall’azienda di San Francisco, che in poco più di vent’anni di vita è diventata leader mondiale nelle soluzioni di piattaforme per la gestione dei clienti (e non solo), Info Data ha voluto indagare il contesto italiano offrendo alcuni spunti, che riteniamo utili, per comprendere e valutare lo scenario nazionale nel quale occorre collocare i dati emersi dal report. Lo abbiamo fatto – per usare la metafora della fotografia – con un grandangolo, analizzando il contesto all’interno della quale si sviluppano le relazioni dei consumatori connessi. Con questa visione abbiamo individuato e approfondito quattro tematiche: due hanno a che fare con l’offerta delle aziende (i canali distributivi e il cambiamento delle imprese) mentre due con la domanda dei consumatori (i valori che guidano le scelte e le competenze personali). In tutto questo, come emerge anche dal report, il fattore centrale è il progresso verso il digitale. Il 2020 ha rappresentato il punto di non ritorno in molti Paesi, tra i quali certamente l’Italia. Il cambio di abitudini dei consumatori segnerà il viaggio verso una nuova normalità nella quale, ci azzardiamo a prevedere, gli equilibri si modificheranno a favore dei brand che in questa fase di cambiamento hanno meglio saputo mostrarsi vicini ai valori e ai bisogni, anche emozionali, dei clienti.

Il 2020 ha rappresentato il punto di non ritorno in molti Paesi, tra i quali certamente l’Italia. Il cambio di abitudini dei consumatori segnerà il viaggio verso una nuova normalità nella quale, ci azzardiamo a prevedere, gli equilibri si modificheranno a favore dei brand che in questa fase di cambiamento hanno meglio saputo mostrarsi vicini ai valori e ai bisogni, anche emozionali, dei clienti. Dalle risposte nascono infine nuove domande: l’adattamento richiede l’intelligenza delle imprese nel disegnare la catena del valore digitale in modo flessibile e in grado di rispondere con efficacia ai bisogni delle persone. Per farlo, il punto di partenza è una solida visione del contesto e della società nella quale brand e consumatori operano quotidianamente, con vincoli e opportunità, presenti e futuri.

Con questa grafica è possibile navigare i cinque articoli del report tramite le parole chiave individuate per descriverli nella loro posizione relativa nel quadrante proposto. Si parte dal centro dove si trova il Consumatore Connesso e poi si procede in senso orario da Canali verso Comportamenti, Cambiamenti e infine Competenze.

Con questa grafica è possibile navigare i cinque articoli del report tramite le parole
chiave individuate per descriverli nella loro posizione relativa nel quadrante proposto.
Si parte dal centro dove si trova il Consumatore Connesso e poi si procede in senso orario
da Canali verso Comportamenti, Cambiamenti e infine Competenze.


Come cambia
il rapporto
fra i consumatori
e i top brand

Per nove italiani su dieci le aziende devono accelerare sul digitale. Vincerà chi saprà comprendere i propri clienti in modo olistico

Le abitudini e le esigenze dei consumatori stanno cambiando ancora più velocemente e di pari passo il processo di trasformazione digitale delle aziende retail, già in atto da tempo, ha conosciuto un’ulteriore accelerazione. La pandemia di Covid-19 sta avendo un impatto rilevante sulla relazione fra un marchio e la propria platea di utenti perché è cresciuta, forzatamente, la propensione alle interazioni condotte online e tramite dispositivi tecnologici. E sono diventati di conseguenza decisivi elementi quali empatia, personalizzazione, fiducia e coinvolgimento.

La quarta edizione dello studio “State of the Connected Customer” di Salesforce, condotto fra luglio e agosto 2020 in 27 Paesi, Italia compresa, ci dice in proposito che per il 92% dei consumatori della Penisola il comportamento di un’azienda durante una crisi rispecchia la propria affidabilità, mentre il 57% lamenta la mancanza di condivisione di informazioni tra le vendite, il servizio clienti e il marketing. Vi sono inoltre altri punti critici: se il 66% degli utenti si aspetta che i brand interagiscano in modo empatico, nella loro percezione lo sta facendo solo il 37%.

Un dato molto significativo anche rispetto all’intensificazione della crisi di fiducia verso un marchio, che oggi riguarda un consumatore su due. In un periodo difficile come questo, è quindi particolarmente indicativo il fatto che il 61% dei consumatori dichiari di aver interrotto una relazione di acquisto con un brand i cui valori (social responsability, ecosostenibilità…) non erano in linea con i propri. La capacità di comprensione (e di soddisfazione) delle esigenze del cliente, insomma, fa sempre la differenza e il digitale assume ulteriore peso strategico. Se il 58% delle interazioni con i brand registrate nel 2020, infatti, è avvenuto online (rispetto al 41% del 2019), il 68% degli italiani è dell’idea che l’emergenza sanitaria abbia aumentato le proprie aspettative di relazione virtuale con le aziende e l’89% è convinto del fatto che i brand debbano accelerare sul digitale.

La partita si gioca su un piano diverso rispetto al recente passato, focalizzandosi maggiormente sul cliente e meno sul prodotto. La domanda di nuovi prodotti e servizi, dice lo studio, è infatti una priorità per il 54% dei consumatori mentre è del 68% la percentuale di chi desidera nuove modalità di usufruire di prodotti e servizi già esistenti. Man mano che la propensione all’uso dello strumento tecnologico cresce, i clienti si aspettano interazioni multicanale ad alto impatto, rese possibili dall’utilizzo (trasparente) delle proprie informazioni personali.

Lo studio degli standard comportamentali e la combinazione fra prodotti/servizi ed user experience sono gli aspetti centrali sui quali le aziende devono lavorare. Un utente su due conferma in proposito di ricorrere ad assistenti virtuali in modo continuativo per i propri acquisti.

Per i brand diventa di conseguenza fondamentale organizzare una base dati sulla quale lavorare (storico degli acquisti, comportamenti social…) per modellare il timing e i messaggi da rivolgere ai clienti, in funzione delle sue abitudini e dei dispositivi utilizzati, per connettere i consumatori a vari touchpoint (digitali e non digitali) e ottenerne una comprensione olistica.

Il 76%
dei consumatori preferisce servizi e prodotti personalizzati
Il 68%
dei consumatori si aspetta interazioni coerenti
Il 76%
dei consumatori ritiene l'esperienza importante quanto prodotti e servizi

Per l’e-commerce si chiude
un 2020 da record

In Italia crescono i ricavi dalla vendita di beni mentre il lockdown frena i servizi. Elettronica e abbigliamento al top delle vendite

Le misure di lockdown introdotte nel corso del 2020 hanno rappresentato un fattore di accelerazione per i processi di digitalizzazione. L’impossibilità di uscire di casa ha certamente spinto molte persone a provare l’ecommerce, magari per la prima volta. Eppure la crescita del settore, che pure c’è stata, è risultata inferiore alle aspettative. A dirlo è il rapporto “Global ecommerce 2020” redatto da eMarketer, il quale aveva previsto un’espansione del settore retail del 4,4% nel corso del 2020, che avrebbe portato le vendite ad un valore di 26,46 trilioni didollari. Per l’ecommerce la previsione di crescita era maggiore, cioè nell’ordine del 18,4%, raggiungendo così la soglia di 4,1 trilioni didollaridi prodotti venduti.

Le stime, a seguito della pandemia, sono state riviste al ribasso: nello specifico del 10% per quanto riguarda il volume generale del retail e del 2% per quanto riguarda l’ecommerce. Settore, quest’ultimo, che ha perso, di mancata crescita, 190 miliardi di dollari. Pur se ridimensionato dalla pandemia, il commercio elettronico si trova comunque ai livelli più alti mai raggiunti. I dati più recenti, elaborati da Salesforce nell’edizione 2020 dell’Holiday Shopping Report, mostrano come l’aumento globale durante le recenti festività sia del 50% rispetto all’anno precedente e la spesa complessiva online sia di 1,1 trilioni di dollari. Sorprende, inoltre, l’acquisto last minute: negli ultimi giorni prima di Natale le transazioni sono cresciute del 58% anche se non fosse garantita la consegna della merce in tempo. Anche questo è un segno della pandemia e dei limiti che nel mondo sono stati imposti per la circolazione delle persone, con il rinvio delle occasioni per lo scambio dei doni. Questo sul piano globale, ma in Italia? Secondo l’Osservatorio eCommerce B2C del Politecnico di Milano, il 2020 ha visto sì una contrazione di circa 800 milioni per quanto riguarda i valori scambiati.Ma questa contrazione è da imputare esclusivamente al calo dei servizi venduti on line, passati dai 13,5 miliardi del 2019 ai poco meno di 7,2 registrati quest’anno. Un calo che si spiega, ad esempio, con il blocco del settore degli spettacoli dal vivo, un mercato che ha trovato nel digitale un importante canale di vendita. Da segnalare, rispetto al 2019, il forte incremento dell’acquisto di prodotti alimentari e per la cura della persona, che ha visto una crescita nell’ordine del 16%. Il rapporto “eCommerce in Italy 2020” realizzato da eCommerceDB indica in 33 milioni gli italiani che utilizzano le piattaforme digitali per i loro acquisti, il che fissa al 55% la penetrazione dell’ecommerce. La rete rappresenta comunque un elemento importante nei comportamenti di acquisto, dato che il 71% degli italiani effettua una ricerca in rete prima di comprare un prodotto. Segno che i margini di crescita del commercio digitale rimangono ampi.

UNA SOLUZIONE SCALABILE

Un ecommerce su misura, che riduce carrelli abbandonati e aumenta le vendite.

Una gestione degli ordini facile, chiara e puntuale. Questo garantisce Salesforce Commerce Cloud, la soluzione di Salesforce per la gestione di ecommerce in ambito B2B e B2C a prova di futuro. Rapido da implementare, Commerce Cloud consente di automatizzare l’evasione degli ordini e l’acquisizione di pagamenti e fatture, con un tool drag-and-drop che permette in assoluta semplicità di personalizzare il flusso di gestione. Grazie all’introduzione di funzionalità come il salvataggio del carrello, all’ottimizzazione dei flussi di checkout e al ricorso ai facilitatori di pagamento, questa soluzione permette di ridurre il numero di carrelli abbandonati dagli utenti. La soluzione Commerce Cloud Endless Aisle permette poi di estendere I vantaggi del negozio digitale a quello fisico, ad esempio riducendo le vendite che vanno perdute a causa di prodotti out of stock. Scopri di più


I consumatori cercano
buona reputazione digitale

In Italia crescono i ricavi dalla vendita di beni mentre il lockdown frena i servizi. Elettronica e abbigliamento al top delle vendite

Fedeltà, reputazione e iniziative a valore aggiunto: sono queste le tre leve che motivano gli italiani all’acquisto. A dirlo sono i risultati dell’Osservatorio Dolce Gusto, curato da BVA Doxa per conto di Nescafé.

Stando a questa ricerca, infatti, il brand è un elemento centrale quando si parla di acquisti. In un anno complesso come il 2020, il 22% dei consumatori ha affermato che le difficoltà di questo periodo hanno rafforzato il loro rapporto con i brand.

Centrale anche il tema della fidelizzazione. L’89% delle persone intervistate ha affermato di essere iscritta ad un programma fedeltà, mentre circa un terzo di chi non è iscritto ha detto di essere propenso ad iscriversi in futuro. In media, gli italiani sono iscritti a 5 programmi fedeltà e le ragioni per cui hanno aderito sono la possibilità di ottenere premi utili (58%) e quella di risparmiare (49%).

Inoltre, il 40% degli intervistati ha affermato di dare sempre maggiore importanza alla reputazione dei marchi. Reputazione che diventa centrale per le aziende per ispirare fiducia nei consumatori e nei clienti. Lo afferma l’Edelman Trust Barometer, che indica in competenza e valori etici i due driver della fiducia da parte delle persone. Mettendo a confronto governi, media, ong e aziende, solo a queste ultime gli intervistati hanno riconosciuto la competenza, con un punteggio di 14 su una scala che va da -50 a 50.

Sul fronte dell’etica hanno ottenuto -2, risultato che le pone al secondo posto dietro le ong. Eppure i temi etici sono tre volte più importanti di quelli legati alla competenza nel orientare la fiducia dei consumatori. Per il 49% l’elemento principale è rappresentato dall’integrità, per il 12 conta la purpose, per il 15% l’affidabilità. Solo il 24% ha messo al primo posto la competenza.

Il 2020, però, non è stato un anno come tutti gli altri. E appunto in un contesto particolare come quello di una pandemia, ci sono delle azioni che le aziende possono compiere per mantenere o addirittura rafforzare la fiducia da parte dei consumatori nei loro confronti. Un tema che è stato indagato dallo spring update, l’aggiornamento pubblicato nello scorso mese di maggio, dell’Edelman Trust Barometer. Si va dalla donazione di equipaggiamenti sanitari (67%), alla collaborazione con altri brand per uno sviluppo più rapido di risposte efficaci all’emergenza pandemica (65%).

Nell’anno che ha visto un’accelerazione, anche forzata, sui temi della digitalizzazione, i consumatori si aspettano anche dalle imprese uno sforzo in questa direzione. Come afferma il Connected Customer Report di Salesforce, l’88% dei consumatori si aspetta un’accelerazione delle iniziative digitali delle aziende, mentre il 68% ha affermato che dopo il lockdown hanno visto crescere le loro aspettative in termini di servizi digitali. Il 68% dei consumatori, infine, ha affermato di aspettarsi che le aziende creino nuove modalità per permettere loro di accedere ai prodotti e ai servizi.

Servizio clienti che si adatta al cambiamento

Un’assistenza personalizzata, sempre attiva e in grado di anticipare le necessità dei clienti

Le tecnologie digitali permettono di implementare un servizio di assistenza personalizzato, capace di andare incontro alle esigenze dei clienti e adattarsi alle nuove sfide. È quello che consente di realizzare Salesforce Service Cloud. Questo software che funziona in cloud consente di garantire un’assistenza in tempo reale abilitando il servizio clienti anche in remoto. Non solo. Grazie alle funzioni di assistenza predittiva, le soluzioni Salesforce consentono di anticipare le richieste dei clienti, cosi da venire loro incontro con rapidità, garantendo loro la massima soddisfazione. Scopri di più


Trasformazione
digitale, (grandi)
aziende italiane
a passo di corsa

Nel 2020 le imprese hanno accelerato sulla digitalizzazione. Le Pmi faticano ancora nel reperire le risorse necessarie

Il digitale come volano per la ripresa. Un concetto che le aziende italiane sembrano aver preso alla lettera nel corso del 2020, se è vero che l’85,5% di esse ha accelerato almeno uno dei progetti di trasformazione digitale precedentemente avviati. Un dato di per sé rilevante e che assume ulteriore importanza in quanto supera in modo significativo quello della media europea (che si ferma al 75%) e gli indicatori di Paesi da sempre più maturi dal punto di vista tecnologico del nostro, ovverosia Regno Unito (72,3%), Germania (71,7%) e Francia (70,7%). Lo scenario fotografato dal Digital Transformation Index, studio biennale condotto su scala globale da Vanson Bourne per conto di Dell Technologies, è sicuramente confortante per valutare la capacità di reazione alle criticità causate dall’emergenza sanitaria. La maggior parte delle aziende stanno infatti realizzando in tempi rapidi, dal punto di vista digitale, ciò che normalmente avrebbe richiesto anni, sebbene non manchino le criticità, dalla preoccupazione per la sopravvivenza della propria azienda da qui al 2022 (timore espresso dal 23% dei manager intervistati) alla consapevolezza che ci vorranno anni per tornare alla redditività precedente alla pandemia (lo dice il 41% del campione italiano). Molte aziende si trovano inoltre ad affrontare barriere operative che rallentano e in alcuni casi frenano la trasformazione digitale; con riferimento all’Italia, i principali ostacoli riguardano la privacy dei dati e la cybersecurity, la mancanza di risorse finanziarie da destinare ai progetti di innovazione e l’impossibilità di ricavare informazioni dai dati in possesso. È però indubbio che lo stato di grande incertezza generato dalla pandemia sta portando i decision maker aziendali ad immaginare nuove formule per restare competitivi in un mercato particolarmente sfidante e diverso rispetto al passato. E il digitale gioca in proposito un ruolo fondamentale.

Buone indicazioni, circa la propensione delle imprese italiane a investire in innovazione, arrivano dall’omonimo osservatorio redatto dalla School of Management del Politecnico di Milano. Nel 2021 è prevista una sostanziale conferma dei budget destinati al digitale (che cresceranno dello 0,89% rispetto a quest’anno), con una maggiore attenzione a tematiche quali sicurezza informatica, Big Data, e-commerce e smart working, seppur con una riduzione del trend di sviluppo degli ultimi tre anni. Se guardiamo solo alle piccole e medie imprese, invece, il quadro è decisamente meno roseo: le Pmi scontano il forte ritardo con cui hanno compreso l’importanza del digitale e la fatica nel reperire le risorse per adottarne gli strumenti e per i prossimi dodici mesi divideranno le proprie priorità di investimento tra lo  sforzo per recuperare il gap e la necessità di attrezzarsi per cavalcare la ripartenza. Nelle imprese più strutturate, invece, emerge una nuova spinta alla collaborazione con le startup innovative, con il 34% delle grandi organizzazioni che evidenzia un maggiore stimolo all’open innovation.

L’accelerazione all’adozione del digitale è quindi indubbia ma ha anche messo in luce i  limiti dell’ecosistema italiano, evidenziando una strada ancora lunga da percorrere (il Digital Economy and Society Index dell’Unione Europea colloca l’Italia in terzultima posizione per il 2020). La  vera trasformazione che deve imporsi è di ordine culturale, deve essere più profonda e coinvolgere aspetti organizzativi e di governance aziendale. Le imprese, come sottolineano gli esperti del Politecnico, hanno avuto il merito di derogare da modelli statici per affrontare l’emergenza e assicurare la continuità operativa ma ora serve sfruttare al massimo le leve disponibili per accelerare la digitalizzazione del sistema Paese, a cominciare dal Recovery Fund  varato dal Consiglio Europeo. Senza dimenticare che sarà altrettanto vitale l’apporto di un modello di sviluppo in grado di combinare  visione strategica, apertura al cambiamento e competenze idonee a gestire progetti multisciplinari.

Marketing intelligente e in real time

Una soluzione che permette di personalizzare l’esperienza di acquisto di ogni cliente.

Comunicare ai propri clienti il messaggio giusto, al momento giusto e con il giusto tono, attraverso qualsiasi canale, è il desiderio di tutti coloro che lavorano nel marketing. Per ogni brand è quanto mai importante creare con i consumatori relazioni personalizzate in forma digitale connesse a quelle che si vivono nei negozi. Salesforce Marketing Cloud è la soluzione che risponde a questi requisiti mettendo a disposizione delle aziende una piattaforma che consente di creare customer journey su misura per ogni cliente. Oltre a funzionalità evolute di email marketing, tool per la creazione di contenuti dinamici e l’automazione degli invii, Salesforce Marketing Cloud dispone di avanzati strumenti per la raccolta in tempo reale di dati relativi ai comportamenti dell’utente, le sue abitudini di acquisto e le attività condotte sui social network, il suo profilo demografico e le opinioni pubblicate online. Scopri di più


Competenze digitali,
risorsa chiave per imprese

La valorizzazione e la formazione della forza lavoro sono fattori cruciali per economia e occupazione. L’Italia è fanalino di coda

Nove lavori su dieci, negli anni a venire, richiederanno  competenze digitali: lo dice uno studio recente dell’Unione europea. Se apriamo l’orizzonte a livello globale, alcuni studi confermano come quasi metà delle attuali professioni potranno essere affidate, entro qualche anno, in tutto o in parte ai robot; in Italia si stima che saranno diversi milioni i lavoratori interessati dal processo di automatizzazione progressiva dei loro compiti, aprendo il fronte a un aumento della domanda di nuove professionalità da parte delle aziende. Il dibattito, sui vantaggi e gli svantaggi della robotizzazione, è aperto ma gli esperti concordano su un fatto: i nuovi lavori saranno più qualificati e nasceranno o si affermeranno professioni oggi sconosciute o quasi e altre difficilmente immaginabili al momento.

Stando al rapporto “Future of Jobs 2020”  presentato in occasione del World Economic Forum lo scorso novembre, elaborato sulla base dalle risposte di oltre 300 top manager, la domanda per le  professioni emergenti ad alto livello di digitalizzazione è destinata a crescere contemporaneamente all’adozione di nuove tecnologie (cloud computing, big data analytics, Internet of Things e intelligenza artificiale) nei processi di produzione di beni e servizi. Pensiero critico e capacità analitiche e di problem solving sono le competenze la cui richiesta sarà in forte espansione nei prossimi cinque anni, mentre l’abilità di lavorare all’interno di  team multidisciplinari  e di utilizzare la tecnologia è giudicata fondamentale dal 50% delle aziende.

La crisi diventa opportunità

Il digitale ha rappresentato uno strumento di formazione delle risorse umane durante il lockdown.

Il 2020 ha costretto ogni azienda a usare il digitale per riorganizzare il lavoro. Per questo Salesforce ha ulteriormente potenziato le tecnologie della propria piattaforma di CRM Salesforce Customer 360 anche nell’ottica dell’aggiornamento continuo delle competenze degli addetti aziendali. myTrailhead è un’applicazione di apprendimento on demand e self-service che risponde alle specifiche esigenze di e-learning di qualsiasi impresa, offrendo il vantaggio della grande semplicità e flessibilità d’uso. Può infatti essere messa a disposizione anche di partner e clienti, permette di costruire e condividere percorsi di formazione su misura per specifici ruoli e funzioni ed è pensata in modo specifico per i dispositivi mobili, con l’obiettivo di aiutare gli utenti a familiarizzare velocemente con il proprio ruolo aziendale in modo veloce, dinamico e divertente attraverso un sistema di punti, quiz interattivi e classifiche. Quando e dove vogliono, anche da casa. Scopri di più